La tradizione non consiste nel mantenere le ceneri,
ma nel mantenere viva una fiamma.
JEAN LÉON JAURÈS

 

A prescindere che siate fan scatenati delle atmosfere natalizie o siate invece degli irriducibili “Scrooge” dickensiani è innegabile che il progressivo anticipo di luminarie, pandori e vetrine sbrilluccicanti ci imponga un’urgente riflessione. Si può parlare ancora di Natale? Cosa rappresenta in realtà questa festività?

Davvero ormai è ridotta a un (nemmeno troppo velato) espediente commerciale?

Passeggiando per le città o entrando in un qualsiasi supermercato sembrerebbe di sì.

Noi però siamo camminatori, siamo persone che in maniera assolutamente anacronistica e antitetica rispetto alla cultura dominante, preferiscono la lentezza e l’essenzialità. Preferiscono vedere le cose da una prospettiva diversa, preferiscono frequentare i boschi rispetto alle vetrine del centro.

La domanda comunque si pone: cos’è quindi questo Natale?

Vale la pena soffermarsi un attimo e ripercorrere in poche righe la storia affascinante di questa ricorrenza che dovrebbe elevare i nostri spiriti (a prescindere dalla fede) e non tormentarci o stufarci.

Dobbiamo fare un salto nel III secolo dopo Cristo, quando nella Roma pagana si affermò il culto del Sole. Proprio in suo onore l’imperatore Aureliano aveva istituito una festa il 25 dicembre, il Natalis Solis Invicti, il Natale del sole Invitto, per celebrare la “rinascita” del sole dopo il solstizio invernale.

Sì, perché gli antichi, privi di mezzi tecnologici, erano abili osservatori e si erano accorti che ogni anno, intorno a quei giorni, il sole abbandonava un pochino dopo il cielo e le giornate iniziavano ad avere più ore di luce.

Proviamo a immedesimarci un poco nella loro epoca e potremo avvertire la potenza di un fenomeno di tale portata: il sole, considerato un dio, un’entità indispensabile fonte di vita, che ogni anno, dopo un periodo di ritiro torna a poco a poco a splendere sempre più a lungo sulla terra, portando frutti, vita… speranza.

Riusciamo a ritrovare un briciolo della straordinarietà di questo evento?

Rimettendolo in questa prospettiva, non solo storica, ma profondamente umana (e per umana intendo quella in cui l’uomo è parte integrante e non avulsa della Natura) possiamo riconquistare quello che comunemente viene chiamato “spirito del natale” e accorgendoci immediatamente che in questa (ri)scoperta forse non c’è tanto spazio per le musichette, per centri commerciali, per la sete dell’acquisto compulsivo.

Il nostro augurio è dunque quello di ritrovare e riscoprire le simbologie e le connessioni che rendono particolare questa parte finale dell’anno.
I regali possono non avere carte scintillanti, possono essere non fisici, possono essere riutilizzati… l’importante è che siano sinceri, sentiti e restituiscano quella luce che il Natalis Solis Invicti celebrava. …Buoni passi verso la rinascita!